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Editore: Einaudi
Anno: 2020
Lingua: Italiano
Rilegatura: Non inserito
Pagine: 232 Pagine
Isbn 13: 9788806243784
Da decenni la sociologia e le scienze umane analizzano il progressivo disgregarsi dei legami e delle relazioni. Non stupisce dunque che la solitudine sia considerata una delle maggiori insidie della nostra epoca. Media e opinione pubblica la descrivono come un morbo da combattere. Governi e istituzioni per la salute pubblica si sono mobilitati. In pochi, però, sottolineano che la situazione contemporanea è il frutto di una precisa evoluzione storica. Mattia Ferraresi indaga le radici di questo fenomeno. E illumina il colossale paradosso che lo ha generato: lo scardinamento delle connessioni profonde con l'altro è, infatti, al cuore del progetto di emancipazione della modernità. Proprio il modello liberale ha posto le basi per una società fatta di soggetti che hanno scelto la solitudine quale via maestra verso l'autocompimento. Nel divincolarsi dalle autorità, dalle gerarchie e dalle costrizioni tradizionali che lo opprimevano, l'uomo moderno si è così ritrovato solo. Il suo ideale di liberazione si è trasformato, oggi, in una prigionia. «Il nostro mondo. Quello dei selfie e delle pubblicità profilate, dei pasti monoporzione e del single come stato sommamente desiderabile. Un mondo dove la solitudine regna. Ma grattando la superficie delle osservazioni quantitative e delle cronache si intuisce che siamo di fronte a qualcosa di più complicato e oscuro di una tendenza sociale: è lo stato esistenziale dell'uomo contemporaneo».
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_elescarn
Questa spiccata, dominante socievolezza, riconosci. bile in tutte le stagioni e i contesti dell'esperienza umana, non si presenta senza elementi di tensione. La vita di ogni persona si svolge all'interno di una costante dialettica fra l'io e l'altro, fra individualità e rapporto. Il neonato si calma quando si appoggia al corpo nudo della madre perché non ha ancora imparato la differenza fra sé e lei. La vita adulta è segnata invece dall'affermazione dell'indipendenza individuale, ma sempre all'interno di un reticolo di legami. Cacioppo ha paragonato spesso la solitudine alla fame o al dolore, «un'intimazione a fare qualcosa per modificare una condizione sgradevole e forse pericolosa». Il «dolore sociale» che si prova nel perdere contatto con un gruppo è un invito, emotivamente assai convincente, a recuperare il livello di connessione necessario per sentirsi protetti e accolti. La solitudine, per Cacioppo, è legata a doppio filo alla paura. Da una parte, non c'è paura piú terribile di quella di rimanere soli. […] Dall'altra parte, il disagio che sprona a cercare compagnia è anche Io stesso sentimento che rende socialmente inadeguati, respingenti o fuori luogo. Chi ha paura tende a esagerare le difficoltà, reagire in modo impulsivo e scaricare le colpe sugli altri. Studi clinici citati da Cacioppo dicono che chi è impaurito impiega più tempo a recuperare lo stress accumulato nella vita quotidiana. L'impulso che ci spinge è anche il freno che ci blocca. Cacioppo ha tentato a lungo di descrivere le conseguenze cliniche di questo stato diffuso. Ne ha concluso, ad esempio, che «la solitudine cronica aumenta le probabilità di morte prematura del venti per cento», percentuale che la rende analoga all'obesità. Ma, aggiunge lo studioso, «l'obesità non è umanamente così devastante». Un altro aspetto su cui si è concentrato è l'analisi del rapporto fra solitudine e depressione. La vulgata vuole che la prima possa essere interpretata come un'anticamera della seconda. Lo psicologo sostiene invece, basandosi su analisi neurologiche, che solitudine e depressione sono due dimensioni distinte dell'esperienza. «Anche dal punto di vista diagnostico, sappiamo che la depressione è diversa, tra l'altro perché non provoca la stessa costellazione di reazioni suscitate dalla solitudine. La solitudine stimola un desiderio di associazione, ma provoca anche sensazioni di minaccia e di terrore. Quando l'esperienza si fa più intensa, la sensazione di minaccia stimola la tendenza a criticare gli altri. La solitudine rispecchia come ci si sente riguardo alle relazioni con gli altri. la depressione rispecchia come ci si sente, punto e basta». C'è però un elemento comune fra questi due fenomeni: la diminuzione del «controllo personale». Le persone isolate tendono a ritirarsi nella passività, a crogiolarsi nell'apatia. (pag. 20-21)
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