Una Milano, con i suoi condomini giganteschi, le piazzette, certi grovigli di vicoli, che è insieme ritratto della metropoli in un preciso momento storico e simbolo della babele d'ogni tempo. Su questo sfondo si muove il protagonista di "Un amore": un uomo inconsapevole di aver atteso troppo, che è rimasto nell'intimo un giovane e crede che il sentimento possa compiere miracoli. E così il professionista maturo si innamora perdutamente di una donna giovanissima, ma già carica della cinica spregiudicatezza e della stanchezza morale di un'epoca. Unico romanzo erotico di Buzzati, "Un amore" sorprese al suo primo apparire i lettori abituati alle consuete tematiche dello scrittore. Eppure anche queste pagine apparentemente "diverse" continuano l'indagine nelle inquietudini dell'uomo contemporaneo - e dell'uomo tout-court - esplorando la dimensione del sentimento e descrivendo la parabola di un amore vero, di esemplare limpidezza, destinato a smarrirsi nella menzogna come in un labirinto.
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Due parole in croce
Lettura da tempo in lista di attesa e ora scelta dal mio bookclub, entra di diritto nella categoria “Libro con un personaggio che hai detestato”, anche se in questo caso è assai difficile la scelta su quale dei due protagonisti si effettivamente più detestabile. La vicenda, ambientata nella Milano dei primi anni 60, riflette quanto di più attuale ci possa essere sull’infatuazione che uomini cinquantenni, narcisisti e logorati dall’ansia di invecchiamento provano per giovani ventenni ambiziose, arriviste e dalla dubbia moralità; sulla spocchia borghese messa di fronte alla volgarità dei bassifondi; sul perbenismo di facciata che nasconde l’immoralità dei vizi privati. Oggi parleremmo piuttosto di “radical chic vs wannabe”, il che la dice lunga su come certi archetipi narrativi trovino ancora ampio spazio nella modernità. Eppure, al netto dei due protagonisti alquanto detestabili, “Un amore” è senza dubbio un romanzo di ottima fattura, un classico contemporaneo, proprio perché ancora estremamente attuale nei temi e nell’analisi sociale. Lo stile è descrittivo, senza essere mai ammorbante, alternando piuttosto momenti di narrazione e analisi da un punto di vista esterno, a momenti di dialogo e riflessione interiore del protagonista, attraverso l’uso del flusso di coscienza che porta il lettore a perdersi nelle evoluzioni di una psiche fragile e corrotta. È una lettura che avvince, dunque, e che si finisce davvero per amare, che permette continui paragoni e rimandi ai tempi moderni, che cattura il lettore - giudice esterno - nella curiosità di vedere fino a dove possano spingersi la masochistica caduta di Dorigo e la bassezza morale di Laide. A dispetto di buona parte della critica e di molte recensioni lette finora, non vi ho ravvisato una vera redenzione da parte di Laide in nome di un amore puro e sincero, ma piuttosto il prevalere di un disegno ben preciso delineato ancora una volta su determinati criteri di convenienza. Per citare il titolo che le ragazze del Bookclub hanno dato alle letture di quest’anno, “Un amore” è davvero un “classico che sta bene su tutto”.
alessiab
Per deformazione professionale, ho soprattutto apprezzato la focalizzazione interna e i flussi di coscienza: il lettore viene catapultato dentro alla testa del protagonista, diventa la testa stessa del protagonista. Non è difficile seguire il flusso, perché è il flusso di un essere umano qualunque che ha completamente perso la testa per qualcuno. Tuttavia, il lettore è sempre in allerta: vuole prendere a schiaffi il protagonista perché si rende conto che ci stiamo solo raccontando balle, che Laide mente e vuole solo soldi. È solo alla fine che il lettore - io - si rende conto che la vera vittima è Laide e che il protagonista è proprio un uomo qualunque, mediocre che approfitta del corpo di Laide e che non è disposto a barattare la sua posizione, la sua borghesia, con il cuore di lei - per quanto forse lo vorrebbe. Laide è certamente una bambina capricciosa, un'arrampicatrice di specchi e di scale; ma non rinuncia all'ordine, non rinuncia al decoro, non rinuncia al nome. È al margine: vorrebbe arrivare al centro, ma il centro la respinge, e allora lei pulisce, riordina e si prende cura dei luoghi marginali che si è presa o a cui l'hanno costretta.
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