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11h 14m
Un diario intimo apre la porta di una famiglia «bene» italiana, ricca di mezzi economici, affettivi e sociali. Una coppia armoniosa con saldi principi religiosi, turbata soltanto dalla nascita di una figlia mongoloide: Rita. È un turbamento che si risolve in una attenzione pedagogica individualizzata da parte della madre, tesa a favorire in ogni modo la crescita e lo sviluppo della bambina in ogni sua potenziale capacità comportamentale. È ammirevole la costanza, la pazienza con cui questa madre cerca di rompere la solitudine della bambina con continue e accorte stimolazioni. L'arrivo di altri figli non distoglie questa attenzione peculiare nei confronti di questa figlia «diversa» che crescendo pone via via problemi non più solo di natura medica e comportamentale, ma ben più difficili di socializzazione. La famiglia si rende conto delle difficoltà di un inserimento a scuola della bambina mongoloide. Avviene l'inserimento all'asilo per benevolenza di una suora, ma non a scuola dove l'ingresso di una «handicappata» non è neanche pensabile. Si provvede quindi ad un insegnamento a domicilio con maestre specializzate. La limitatezza di questa esperienza appare però subito evidente alla famiglia che decide, suo malgrado, di affidare la bambina ad un istituto medico-psico-pedagogico per consentirle un'esperienza di vita socializzante a contatto con altri che non sia soltanto la sua famiglia. In seguito l'istituto è sembrato all'Autrice lo strumento più idoneo e quindi il solo modello per il recupero degli handicappati. Alla fine del diario troviamo Rita, ormai adulta, dedita nella sua casa ai lavori domestici che sbriga con diligente disinvoltura.