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Miei cari figli, vi scrivo (0)

Lilia Bicec

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Editore: Einaudi

Anno: 2013

Lingua: Italiano

Rilegatura: Brossura

Pagine: 180 Pagine

Isbn 10: 8806209922

Isbn 13: 9788806209926

«Non ero pronta a partire, ma ho dovuto abbandonare tutto e andarmene». Eppure Lilia, una giornalista moldava di trentacinque anni, una fredda mattina di dicembre decide di gettarsi alle spalle un marito indolente e violento e un paese soffocato dal caos e dalla povertà. Quando arriva in Italia non ha un lavoro né un posto dove stare, ma le strade sono illuminate come «palazzi dei grandi principi» e ovunque si legge la scritta «Buon Natale». Qui a nessuno importa della sua laurea e della sua istruzione, ma a poco a poco trova lavori e sistemazioni migliori e può fare i documenti per ottenere il permesso di soggiorno. La sua sete di conoscenza è fortissima: vorrebbe saperne di più della storia e dell'arte italiana, vorrebbe leggere, studiare, ma la sera è così stanca da non riuscirci mai. Del resto, lei ha abbandonato da tempo il suo vero mestiere per i detersivi e i canovacci, e la sua vita interiore si è ridotta all'osso, assottigliata, proprio come il suo corpo che smagrisce sotto il peso della fatica e delle corse in bicicletta da un'abitazione all'altra.<br />Non le resta che scrivere. Scrivere ogni volta che può. Scrivere ai suoi adorati bambini rimasti in Moldavia con il padre. Scrivere per sentirli crescere, per sentirli ridere e piangere. Scrivere perché raccontare ai figli la sua vita italiana è l'unica cura per la solitudine.<br />Di pagina in pagina il racconto di Lilia si arricchisce di trame nuove e antiche, di storie del passato - dall'avventuroso esilio siberiano dei suoi nonni durante la Seconda guerra mondiale, alla campagna italiana di Russia di cui apprende da un anziano soldato - e del presente: il pianto di una madre disperata incontrata in treno o la storia di un ragazzo rumeno arrestato per errore. E così, il suo racconto si popola di personaggi forti, determinati, alla conquista di un posto nel mondo: uomini, ma soprattutto donne, che come piante senza radici non si sentono più a casa da nessuna parte e sono tormentate dal dor, la nostalgia che è anche desiderio. «Questa è la mia storia, - dice, - ma anche quella del mio Paese: è la mia tragedia, ma è anche la tragedia di tante altre madri».

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