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Il soccombente (4)

Thomas Bernard

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Drammatici Letteratura

Editore: Adelphi

Anno: 1999

Lingua: Italiano

Rilegatura: Non inserito

Pagine: 192 Pagine

Isbn 10: 8845914933

Isbn 13: 9788845914935

A un corso di Horowitz, a Salisburgo, si incontrano tre giovani pianisti. Due sono brillanti, promettenti. Ma il terzo è Glenn Gould: qualcuno che non brilla, non promette, perché è. Una magistrale variazione romanzesca sul tema della grazia e dell'invidia, di Mozart e Salieri, ma ancor più sul tema terribile del "non riuscire a essere".
Il soccombente è un romanzo in parte autobiografico dello scrittore austriaco Thomas Bernhard. È il primo in una trilogia sulle Arti (musica, teatro e pittura) che l'autore scrisse tra il 1983 e il 1985: ad esso seguirono A colpi d'ascia e Antichi maestri.
Una delle opere più note di Bernhard, Il soccombente tratta del fittizio rapporto tra il famoso pianista canadese Glenn Gould e due suoi giovani compagni di studio al Mozarteum di Salzburg negli anni cinquanta. Sotto la guida di Vladimir Horowitz il trio studia musica e contemporaneamente sviluppa un rapporto di amicizia che si rivelerà  drammatico per tutti e fatale per uno dei tre, il soccombente appunto. Il narratore (un semi-reale Bernhard) e il suo amico Wertheimer abbandonano gli studi di pianoforte appena si rendono conto del genio superiore di Gloud, quando lo sentono suonare le Variazioni Goldberg di Bach. Nessuno dei due può reggere il paragone con la sovrumana virtuosità  del terzo. Alla fine, i due lasceranno il Mozarteum in profonda depressione, per non suonare mai più: uno dopo qualche anno commetterà  suicidio e l'altro - il narratore ossessivo, mordace e autocritico all'estremo - si ritirerà  nella più completa oscurità .
Brillante meditazione su successo, fallimento e fama, l'opera è scritta come ininterrotto monologo, riprendendo quasi l'immagine di un cantante sotto il tremendo sforzo di sostenere il proprio respiro fino alla fine di un'aria incredibimente lunga e fiorita. Oppure, per usare un'analogia storica presente nel libro stesso, l'immagine di un conte insonne che ascolta Goldberg mentre suona senza tregua le variazioni di Bach.

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Due parole in croce

Se c’è una parola che può riassumere “Il soccombente” nella sua totalità - strutturale, stilistica, psicologica- è “ossessione”. L’ossessione, in primis, di un talentuoso e geniale Glenn Gould per l’esecuzione perfetta delle Variazioni Goldberg di Bach; quella delirante e annientatrice del “mai abbastanza” virtuoso Wertheimer che, irrimediabilmente preso nel vortice di una narcisistica competizione con la genialità dell’amico, diverrà il vero soccombente della storia; e infine l’ossessione del narratore stesso, legato morbosamente alle vite dei due compagni e allo stesso tempo in continua fuga, nel tentativo di non finire egli stesso vittima di personalità catalizzatrici ed ingombranti al tempo stesso. Il leitmotiv del romanzo è la costante forza distruttrice esercitata di volta in volta gli uni sugli altri, l’annientamento psicologico che si fa via via fisico, in un crescente nichilismo catartico e doloroso. A vivificare questo effetto è uno monologo allucinato e martellante (ossessivo anche questo), fatto di una prosa a tratti soggiogante, che rende la lettura una prova di forza, più che un atto di seduzione. Eppure diventa impossibile sospenderla, quasi per timore che, interrompendone il flusso narrativo, si spezzi l’incantesimo di una confessione delirante, eppure estremamente lucida, analitica. Ciò che rimane è un profondo senso di desolazione, di incapacità di afferrare l’essenza ultima della vita, ma anche quella della morte, e la consapevolezza - radicata, profonda - dell’ineluttabilità del dolore. “Noi diciamo una parola e annientiamo un essere umano senza che questo essere umano da noi annientato, nel momento in cui pronunciamo la parola che lo annienta, abbia cognizione di questo fatto micidiale...” [L’ho ascoltato in audiolibro, nella lettura schizofrenica di Elia Schilton per “Ad alta voce” di RaiRadio3, disponibile su RaiPlaySound. Inizialmente non capivo se l’espressività e il ritmo ossessivo e meccanico di Schilton mi infastidisse, ma a mano a mano che proseguivo con l’ascolto, mi sono accorta di quanto perfetta fosse questa interpretazione e quanto fosse adatta a rendere la scrittura di Bernhard. L’ossessione fatta suono.]

girasole

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