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Il giardiniere e la morte (1)

Georgi Gospodinov

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Editore: Voland

Anno: 2025

Lingua: Italiano

Rilegatura: Brossura

Pagine: 208 Pagine

Isbn 13: 9788862435697

Un romanzo su quanto dobbiamo ai nostri padri, su cosa ci fa essere quelli che siamo e una dichiarazione d’amore struggente: un figlio assiste il padre durante una lunga e crudele malattia. Lo ricorda lavorare in giardino, curare le piante da frutto, i fiori… pian piano il campo visivo si allarga ai vicini, ai conoscenti, all’intera Bulgaria povera e dignitosa. Con l’abituale maestria Georgi Gospodinov ci racconta la vita di un uomo e le storie che compongono un’esistenza, ogni esistenza. Perché la fine dei nostri padri è la fine di un mondo.

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Due parole in croce

Terminata la lettura de “Il giardiniere e la morte”, mi sono chiesta quale fosse il modo più appropriato per catalogarlo tra i generi letterari, giungendo alla conclusione che fosse più facile definire ciò che “non è”. Non è semplicisticamente un memoir e neppure una biografia; non è propriamente un romanzo e neppure una narrazione poetica; non è un racconto lineare (ma del resto Gospodinov già aveva avvertito di non essere “in grado di proporre un racconto lineare, perché nessun labirinto e nessuna storia è lineare”), ma neanche banalmente un omaggio al padre fatto di aneddoti estemporanei. In passato l’autore aveva risposto ad alcune critiche sul suo stile fuori dagli schemi e dai canoni narrativi sostenendo che “il romanzo non è 'ariano”. Ci troviamo davanti a 91 capitoli ed un epilogo apparentemente distinti ed autonomi; ma a legarli, a fare da filo conduttore ci sono i continui richiami ad una dimensione di nostalgia, dolori, paure e speranze. A dispetto del titolo, non è un libro (solo) sulla morte del padre, ma sulla nostalgia della vita come celebrazione delle piccole cose: la quotidianità familiare, i ricordi d’infanzia, le delicate attenzioni verso cose, piante e persone; omaggio alla bellezza senza nome che è propria della quotidianità e che viene così consacrata ad un tempo immortale. Lo stile è pulito, a tratti quasi leggero, fatto di rapide pennellate o fotogrammi essenziali. Sembra prevalere il non detto, i silenzi che caratterizzavano lo stesso rapporto padre-figlio, eppure emergono - vividi - i sentimenti e la poesia della perdita, del ricordo, dalla mancanza. Un libro che sorprende e lascia svuotati, come l’incipit epigrafico e sibillino: “Mio padre era giardiniere. Ora è giardino.”

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