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Gigi Proietti (0)

Mandrake a Roma

Stefano Costantini, Paola Ermini

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Editore: La Repubblica

Anno: 2020

Lingua: Italiano

Rilegatura: Flessibile

Pagine: 143 Pagine

Il genio di Roma (di Maurizio Molinari)
Roma ama essere corteggiata, vezzeggiata, cullata e, qualche volta, accetta anche chi la canzona, a patto che avvenga senza malizia, con il sorriso sulle labbra: nell'ultima generazione è stato Gigi proietti il protagonista di tutto ciò, meglio di qualsiasi altro attore, regista, cantante o semplice cantastorie.
Giocando con gli occhi, cambiando voce per interpretare più anime, recitando sonetti come facevano Belli e Trilussa, o emulando la goliardia delle Pasquinate per irridere ogni potere, vero o fittizio, poco importa. Con i natali nella verdeggiante Umbria ma il cuore appollaiato lungo il Tevere, Gigi Proietti si presentava da solo sul palco degli spettacoli per avere un dialogo con il pubblico diretto, scanzonato e imprevedibile basato sull’interpretazione dell’anima beffarda, indomita e sorniona della città degli Orazi e Curiazi, di Cesare e Pompeo, di Meo Patacca e di altri innumerevoli personaggi – di ogni genere ed estrazione – che compongono il mosaico di una città eterna perché capace di superare indenne inebrianti gioie e devastanti dolori nonché schiere di re, papi ed imperatori. Grazie alla forza delle radici, agli scorci dei panorami, al suono delle fontane ed alla capacità di trasformare ogni evento o volto nella rima più indovinata, beffandosi del male come del bene.
Amare Roma significa renderla immortale, guardare Castel Sant’Angelo sempre come la prima volta, recitare Trilussa d’istinto, considerare Alberto Sordi come un compagno di passeggiate, parlare a colpi di barzellette come i nonni facevano con i proverbi: per farsi capire anche da chi non vuol sentire. Memorabile dunque la parabola del “cavaliere bianco e cavaliere nero” perché rivolta a chi scambia l’ironia dei romani per debolezza e cede alla tentazione di approfittarsene, per beffarli e umiliarli. E’ l’errore più grande. Perché alla fine dentro ogni abitante della città immortale c’è un “cavaliere nero” a cui è preferibile non mancare di rispetto perché nella sua reazione ci può essere tanta forza, energia e rabbia quanto solo il popolo del Tevere – i più poveri fra i poveri – serba in seno: pronta ad esplodere e divorare chiunque pensi di poter dettare legge in casa d’altri, approfittandosi del prossimo. Gigi Proietti ha interpretato, o meglio è stato, per milioni di romani, tutto questo, ed anche molto di più. Lo è stato dentro i teatri e nelle strade, nelle canzoni e nei libri, nelle rime e nelle canzoni. In un’interminabile dichiarazione d’amore, un po’ ruffiana e dunque altrettanto vera, per la città che non resiste ai corteggiamenti e rispetta chi ne conosce i mille rivoli di Storia. Tutti diversi uno dall’altro ma tutti inimitabili. Come le pietre di Roma e come i racconti di Mandrake.

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