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Alexis (5)

o il trattato della lotta vana

Marguerite Yourcenar

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Editore: Feltrinelli

Anno: 2013

Lingua: Italiano

Rilegatura: Brossura

Pagine: 112 Pagine

Isbn 10: 8807883082

Isbn 13: 9788807883088

Romanzo che nel 1929 segnò l'esordio di Marguerite Yourcenar nella letteratura, Alexis ha la qualità  propria dei libri che restano nel tempo: una grandezza che si riconosce solo più tardi, come è avvenuto per L'opera al nero e per le Memorie di Adriano. E' la storia di un giovane che cerca di uscire dalla situazione falsa che mette in scacco il suo matrimonio. Al momento di abbandonare la moglie, egli le scrive le ragioni del suo distacco, chiamandola a testimone della lotta vana che ha condotto contro la propria inclinazione omosessuale. Reagendo a una prova precedente che indulgeva alla moda delle biografie romanzate ("Pindare"), la Yourcenar, ventiquattrenne come Alexis, si concentra qui per la prima volta su una vicenda delimitata, 'intimista', spingendosi in profondità  nella psicologia del personaggio. L'omosessualità  e il titolo stesso del romanzo richiamano un'opera giovanile di Gide (il Traité du vain désir) ma si avverte molto più forte l'influenza del Rilke di Malte Laurids Brigge, a cui sono vicini il tono, gli scrupoli, la religiosità  di Alexis, quella tenerezza diffusa che egli emana sulle persone e le cose. Un libro raro, e di quelli della Yourcenar uno dei pochissimi ch'ella non abbia provato a riscrivere, paga di aver detto quanto c'era da dire.

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_elescarn

“Se è difficile vivere, è ancora piú difficile spiegare la propria vita.” (pag. 13)

”Una volta il corpo non ci serviva che a vivere. Ora sentiamo che ha la sua esistenza particolare, i suoi sogni, la sua volontà, e che fino alla morte dovremo tener conto di lui, cedere, transigere o lottare. Sentiamo (crediamo di sentire) che l'anima è soltanto il suo sogno migliore. Mi è capitato, solo, davanti a uno specchio che raddoppiava la mia angoscia, di domandarmi che cosa avessi in comune con il mio corpo, con i suoi piaceri o suoi mali, come se non gli appartenessi. Ma gli appartengo, amica mia. Questo corpo, che sembra cosí fragile, è tuttavia piú resistente delle mie decisioni virtuose, forse persino della mia anima, dacché l'anima muore sovente prima di lui. Questa frase, Monique, certo ti colpirà piú dell'intera mia confessione; tu credi l'anima immortale. Perdonami di essere meno sicuro di te, o di aver meno orgoglio; sovente l'anima non mi sembra che un semplice respiro del corpo.” (pag. 44)

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